Non c’è comunicazione, inclusa quella che avviene tra selezionatore e candidato, in cui non giochi un ruolo fondamentale la comunicazione non verbale (CNV), in cui gesti, posture, espressioni e mimica facciale non contribuiscano cioè a indirizzare le reciproche impressioni e lo scambio comunicativo in una direzione piuttosto che in un’altra.
Risulta essere stato condotto uno studio che dimostra quanto, in una comunicazione, le parole contino meno dell’intonazione e della gestualità.
Più precisamente, è stato scoperto che l’aspetto verbale pesa per un 7-10%, l’aspetto vocale (tono, volume, ritmo) per un 35-40% e i movimenti del corpo per un 50-55%. In altre parole l’efficacia di un messaggio dipende in parte da quanto detto ma, in misura maggiore, da come lo si esprime attraverso quella che viene appunto definita comunicazione non verbale: espressioni facciali, gesti compiuti con le mani, postura, altri movimenti del corpo, gestione delle distanze e degli spazi personali, voce, abbigliamento, ecc..
In un colloquio di selezione, che è una comunicazione a tutti gli effetti, uno scambio e un confronto tra due o anche più interlocutori, sono molti dunque i fattori di CNV che potranno incidere sulla formazione della prima impressione, sull’andamento dell’intervista di selezione e sulla valutazione finale del colloquio e del candidato.
Tutti nella quotidianità e in modo più o meno consapevole siamo guidati, nelle nostre interazioni e relazioni, dalle percezioni e interpretazioni di segnali non verbali che leggiamo negli altri e che gli altri leggono in noi.
I selezionatori, soprattutto quelli più preparati e competenti, sono ancora più attenti a cogliere questi segnali nel candidato perché come è vestito, come stringe la mano, come si esprime, come gesticola ecc possono rivelare informazioni preziose sulla sua personalità.
Non è nostra intenzione riportare un mero elenco di segnali non verbali e relativo significato, suggeriamo di non credere a facili equazioni del tipo toccarsi le labbra = segnale di gradimento, incrociare le braccia = segnale di chiusura e rifiuto, toccarsi la gola = segnale di disagio e angoscia e, ancora, toccarsi il naso = mentire, interpretazioni che spesso invece vengono date per assodate.
Un elenco del genere avrebbe poco valore: i comportamenti non verbali in se e per se non possiedono un significato immutabile e universale, è il contesto comunicativo, sociale e culturale in cui avvengono che contribuisce a dar loro un senso.
Potrei incrociare le braccia semplicemente perché ho freddo o toccarmi il naso non perché stia mentendo ma perché mi prude ecc.
Detto questo, inutile minimizzare: i gesti, i movimenti, la vocalità esistono e i selezionatori vi porranno attenzione nella speranza di cogliere conferme o meno alle impressioni e valutazioni che si stanno formando.
Anche i candidati potranno però osservare la CNV del selezionatore, vederla come fonte di feedback rispetto, ad esempio, alla pertinenza di una risposta data ad una richiesta di approfondimento sul proprio curriculum o all’interesse che stiamo suscitando descrivendo le proprie motivazioni alla candidatura.
Se, accennando ad un’esperienza per noi di poco peso, vediamo accendersi l’interesse del selezionatore che alza lo sguardo dai suoi appunti e si inclina in avanti con il busto, possiamo approfittare di questo feedback non verbale per spendere qualche parola in più nel descrivere qualcosa che evidentemente ai suoi occhi ha valore.
Risulta essere difficile, difficilissimo, soprattutto all’interno di un colloquio di selezione, tenere sotto controllo tutti gli aspetti che creano la comunicazione. Alcuni consigli sono presenti in questa guida.
Dobbiamo stare attenti ad avere un buon eloquio ma anche alla vocalità, ai contenuti che esprimiamo ma anche a come lo facciamo…quasi impossibile concentrarsi ed esercitare un controllo totale sull’intero processo comunicativo anche perché la CNV, più delle parole, sfugge facilmente alla razionalità: possiamo riuscire a non infarcire la nostra conversazione di ripetitivi e fastidiosi intercalari (“cioè…cioè”…per dirne uno) ma più difficilmente potremo evitare di arrossire ad una domanda che ci sorprende perché inaspettata.
Se siamo già in ansia per un colloquio, non ne andiamo ad aggiungere altra perché ossessionati dal controllo della mimica facciale, della voce, dei movimenti del corpo, della postura. Il rischio è di riuscire nello scopo ma apparendo rigidi, poco naturali, poco autentici.
Esistono naturalmente delle accortezze a cui prestare attenzione: stringere la mano dell’interlocutore con fermezza, mantenere un buon ritmo espositivo, reggere lo sguardo dell’altro, controllare quelli che sappiamo essere nostri tic: giocherellare con le ciocche di capelli, rosicchiare le pellicine delle unghie, dondolare le gambe ecc. ma ricordando che i primi minuti di un colloquio sono sempre quelli di maggiore tensione e che le nostre emozioni, intense data la situazione di valutazione in cui ci troviamo, potrebbero sfuggire all’inizio al nostro controllo ma, nel corso del colloquio, stemperarsi lasciando spazio ad un atteggiamento più rilassato.
Ora siamo alle prime armi ma, via via che sosterremo nuovi colloqui e incontreremo diversi tipi di selezionatori, impareremo ad essere più precisi e accurati nel presentarci comunicando con efficacia, sia verbalmente che non verbalmente, chi siamo e perché dovrebbe esserci data un’opportunità.